L’anno di grazia millenovecentonovanta porta nelle case degli italiani gli occhi spiritati di un Totò Schillaci che fa vivere al popolo del pallone il sogno del quarto mondiale (almeno fino alla disgraziata semifinale con l’Argentina) e alle orecchie dei successori degli yuppie di qualche anno prima un curioso apparecchio.

C’è chi lo chiama telefonino: col senno di poi, buona la prima, anche se usare il diminutivo per dispositivi che sfiorano il mezzo chilo di peso è abbastanza azzardato. C’è chi lo chiama radiomobile, ma in genere scrive per qualche rivista specializzata e non sa che, di lì a qualche anno, gli apparecchi perderanno quel che di esoterico che li accompagna, per approdare in massa nelle tasche e nelle borse degli italiani.

“Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, ma solo pochi riescono veramente ad averlo - scrive Andrea Bassanelli sull’ormai morto e sepolto Micro & Personal Computer - […] Di cosa stiamo parlando? Ma è ovvio, del telefono cellulare, il nuovo status symbol degli anni novanta. Abbiamo catalogato per voi ben 64 modelli di telefoni cellulari, una vera e propria enciclopedia del cellulare […] in Italia”. Nel 2008 viene da sorridere: sessantaquattro modelli? Pochini, decisamente pochini, tanto più che marchi come Spal o Roadstar null’altro fanno che rimarchiare i vari Motorola dell’epoca. E non sono i soli…

Oggetto del desiderio è il Motorola Micro Tac 9800 X: “Si tratta di un palmare - meglio lasciare spazio al commento dell’epoca - che pesa solo poco più di 300 grammi ed è lungo 16 cm, largo 6 e ha uno spessore di soli 3 cm […] E’ tra i più costosi: circa 3 milioni e 800 mila lire”. Tradotto in euro, oggi si sfiorerebbe quota 2000, senza ovviamente calcolare l’inflazione nell’ultimo ventennio o giù di lì. La batteria dura “quasi” una giornata in standby, e fornisce linfa al voracissimo display a led rossi. Alternativa al Micro Tac è il Nec P3 (alias Alpine 9565: oltre ad Alpine e al già citato Roadstar, altri produttori di hi-fi car fiutano il business della telefonia mobile. E sono in buona compagnia di Ducati, Ecc, Ote o Urmet): un’antenna a scatto e una supplementare per ampliare la ricezione, un display fantascientifico per l’epoca e un design serioso. Oltre a un prezzo di 2 milioni e 900 mila lire (più Iva, sottolinea M&P). Ci penserà Swatch a lanciare i primi cellulari colorati, ma è roba da biennio ‘92-‘93…

A fine 1990 risultano attive 428 stazioni radiobase per un totale di 10.136 canali e 16 centrali radiomobile di chiamata e controllo; l’Etacs in Italia funziona già a 900 Mhz, soppiantando il ballerino standard a 450 Mhz. E “la rete analogica a 900 Mhz servirà a supportare lo sviluppo quantitativo del traffico telefonico fino a circa un milione di utenti […] Gli abbonati al servizio radiomobile Sip per il 1990 sono stimati oltre 200.000”. Già, la Sip: Telecom non esiste ancora. E parlare di secondo gestore significa dare a Vodafone il nome di Omnitel e aprire le porte al Gsm, con un salto avanti di tre-quattro anni almeno.

Nel 2008 l’Italia pallonara ha raggiunto da un biennio l’agognato quarto titolo mondiale; Totò Schillaci ha fatto l’emigrante in Giappone ed è tornato alla ribalta, capelli al vento, grazie all’Isola dei Famosi; l’Etacs è un dinosauro che non funziona più. Ma è impossibile dimenticare che solo pochi anni prima la ricarica telefonica era erogata… dal distributore di gettoni!

[Per la cronaca, Nokia si chiamava come adesso. Solo che commercializzava un telefono, il Mobira Cityman, salito alla ribalta quando nel 1987 l’allora premier sovietico Gorbaciov fu fotografato mentre da Helsinki chiamava il proprio Ministro delle Comunicazioni con un Cityman. Che da allora, per qualche tempo, prese il soprannome di “Gorba” dimenticandosi di essere un Nokia]



Fonte: http://mytech.it/